Cuore a rischio d'inverno. Il professor Antonio Rebuzzi: così il freddo può diventare un nemico

Cuore in inverno, il freddo potrebbe diventare un nemico. Con le temperature basse, infatti, si possono presentare diversi disturbi. Soprattutto nelle persone con ipertensione e con eventi cardiaci alle spalle (coronaropatia, cardiopatia ischemica, malattie delle valvole cardiache) che possono risentire di un peggioramento della loro condizione. Il freddo, ricordiamolo, richiede un aumento del lavoro del muscolo per rispondere alle richieste dell’organismo. Analizzeremo le varie condizioni ma il consiglio per tutti è quello di proteggersi e non dimenticare il cuore.

CARDIOPATIA ISCHEMICA

La cardiopatia ischemica, dall’angina pectoris all’infarto, è causata da un restringimento delle arterie coronariche, quelle che portano il sangue al cuore. Se si deve fare uno sforzo, e quindi richiedere una maggiore quantità di ossigeno, le coronarie ristrette possono non riuscire a portarne a sufficienza. Stesso discorso vale per chi ha avuto problemi cerebrali quali un ictus o un TIA (attacco ischemico transitorio cerebrale). Meglio evitare gite oltre i 1.500 metri se si è reduci da una situazione ischemica cardiaca o cerebrale. Il freddo provoca una vasocostrizione arteriosa con conseguente rialzo della pressione che può portare danni sia al cuore che al cervello. Uno studio dell’Università di Manitoba a Winnipeg (Canada) coordinato da James Tam e pubblicato sull’European Heart Journal ha dimostrato che una riduzione della temperatura di 10 gradi si associa ad un aumento del rischio d’infarto di circa il 7%, con una evidente correlazione tra abbassamento della temperatura ed aumento del rischio d’infarto.

Antonio Giuseppe Rebuzzi

MONITORAGGIO

Necessario, quindi, un attento monitoraggio della pressione ed una particolare attenzione alla terapia prescritta. In caso di condizioni climatiche molto fredde, molto probabilmente, c’è la necessità di incrementare la dose di farmaci anti-ipertensivi. Uno studio su circa 23.000 soggetti coordinato da Ling Yang per il China Kadoorie Biobank Collaborative Group e pubblicato sull’European Heart Journal ha dimostrato che per un abbassamento della temperatura esterna di 10 gradi, si ha un innalzamento della pressione sistolica (massima) di oltre 6 mmHg con un incremento del rischio di patologia cardiovascolare di circa il 21%.

MALATTIE VALVOLARI

Anche chi ha malattie delle valvole cardiache, specie se a carattere stenotico quali la stenosi aortica o quella mitralica, deve prestare molta attenzione al grande freddo. Un disturbo del corretto flusso di sangue provocato dal danno valvolare, infatti, fa crescere il lavoro cardiaco. In questo caso l’aumento della frequenza e della pressione provocato dal freddo va ad aggiungersi ad una situazione già di base faticosa, aumentando il rischio di scompenso cardiaco, una situazione in cui il cuore non riesce a compensare le esigenze energetiche dell’organismo. Inoltre, spesso nella stenosi aortica al danno valvolare si aggiunge quello coronarico. Anche in questi casi una valutazione del danno delle valvole e della funzionalità, permette di affrontare l’inverno senza rischi.

A TAVOLA

Altro importante fattore da tener presente è l’alimentazione. Vale la pena di ricordare che il cenone di Natale e Capodanno (ma anche i pranzi e le cene abbondanti indipendenti dalle feste) non sono un toccasana per ipertesi e cardiopatici. Considerato che il sale nei cibi è uno dei maggiori determinanti delle crisi ipertensive. Fare attenzione a ciò che si mangia diventa, col freddo, ancora più importante. Un consiglio utile potrebbe essere quello di utilizzare più spesso del solito, un apparecchio per misurare la pressione e magari un saturimetro (con il Covid molti hanno imparato ad usarlo) per monitorare la quantità di ossigeno nel sangue. Inoltre, integrare la cassetta delle medicine con un diuretico a rapida velocità di azione e magari un vasodilatatore. Ovviamente chiedendo al medico come e quando utilizzarli. Altra importante precauzione da seguire è quella di coprirsi bene quando si esce. Privilegiare le ore meno fredde per spostarsi. Il freddo infatti, provocando vasocostrizione, può scatenare attacchi anginosi. Evitare di uscire dopo pranzo, quando il cuore deve mandare più sangue allo stomaco per favorire la digestione. In questo caso aggiungere un ulteriore sforzo per la passeggiata ed insieme per contrastare il freddo non è salutare.

IN MONTAGNA

Se si vuole trascorrere il Natale in montagna, specie se si è cardiopatici, tocca stare attenti all’altitudine ed al freddo. Tutti fattori che possono danneggiare il nostro cuore. L’aria d’alta quota, infatti, in particolare oltre i 2000 metri, contiene meno ossigeno. E proprio per compensare questa mancanza il nostro organismo aumenta il lavoro cardiaco, respiratorio e la pressione arteriosa. In aggiunta, in montagna, si riduce anche la capacità di utilizzare l’ossigeno stesso. Si ha, dunque, meno ossigeno a disposizione e anche meno capacità di utilizzarlo. Importante è valutare le caratteristiche del nostro fisico. Uno studio recentemente pubblicato dal Centro Cardiologico Monzino di Milano, coordinato dal professor Piergiuseppe Agostoni e pubblicato sulla rivista High Altitude Medicine and Biology ha dimostrato che un alto indice di massa corporea, segno di sovrappeso, l’età avanzata e il sesso maschile sono fattori associati ad ipossiemia (riduzione di ossigeno nel sangue) e difficoltà di respirare quando si sale in alta quota, in particolare durante l’inverno.

*docente di Cardiologia Università Cattolica Roma

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