Un’immersione nel verde fa bene, e ha un effetto benefico anche a distanza. In primavera, durante il lockdown, cento volontari si sono sottoposti a un test. Metà di loro, per cinque giorni, ha guardato un video girato in un ambiente urbano. Gli altri, con un filmato diverso, sono stati portati nei boschi dell’Acquerino, in Toscana. «Il gruppo della foresta ha mostrato una riduzione dell’ansia, temporanea ma significativa» spiega Francesco Becheri, psicologo e responsabile scientifico della Stazione di Terapia Forestale di Pian dei Termini, sull’Appennino pistoiese. La ricerca, realizzata in collaborazione con il Cnr, il Dipartimento di neuroscienze e psicologia dell’Università di Firenze e il Cai, è stata pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. Se l’immersione virtuale nei boschi fa bene, quella autentica è meglio. La terapia forestale, shinrin-yoku in giapponese, è stata messa a punto dall’immunologo Qing Li, della Nippon Medical School di Tokyo. Per i ricercatori giapponesi, chi vive in un’area urbana, e poi passa del tempo in una foresta, ha una diminuzione dello stress, un miglioramento della funzione immunitaria e una diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. La “dose” consigliata è di tre giorni e due notti al mese, ma anche un soggiorno più breve fa bene.
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L’ESPERIENZA
Il primo centro di terapia forestale italiano è nato in Friuli, con il sostegno dell’Università di Udine.