Alzheimer, diabete, tumori: dall'insulina veloce al vaccino, ecco le nuove terapie

L'emergenza Covid-19 ha fatto sentire il suo impatto anche nel campo della ricerca, distogliendo forze, investimenti e attenzione da tutto ciò che non fosse SARS CoV-2. Ma da qualche tempo la macchina della ricerca è ripartita alla grande nonostante la pandemia. Nel mirino dei ricercatori soprattutto le patologie in crescita (drammaticamente penalizzate da marzo 2020 a oggi): diabete, oncologia, Alzheimer. Sotto il profilo delle cure in grande fermento è uno dei settori più di frontiera, quello delle cosiddette “terapie avanzate”, cioè di farmaci che non si basano su molecole prodotte per sintesi chimica ma a base di cellule ingegnerizzate (come le CAR-T per le malattie oncoematologiche) e delle terapie geniche (atrofia muscolare spinale o per l’emofilia A). Sono già 14 le terapie avanzate autorizzate in Europa. Di queste, 7 sono rimborsate nel nostro Paese e riguardano soprattutto malattie ematologiche, oncologiche e rare.

LA PROSPETTIVA

E se per curarsi ci sarà sempre bisogno di medicine, si stanno facendo largo anche l’uso di organi da trapiantare stampati in 3D e digital therapeutics. Grandi progressi sono attesi proprio dalle nuove tecnologie e dal digitale. Il paziente sarà sempre più esperto e coinvolto nella gestione della sua salute, anche come fornitore di dati, che saranno processati da sistemi di intelligenza artificiale, destinati a fare coppia fissa con i medici in carne e ossa. Che sono già una realtà, come dimostrano i robot-chirurghi e la diagnostica assistita dall’intelligenza artificiale in campo radiologico, dermatologico e oculistico. Sul fronte dell’assistenza, fondamentali saranno gli architetti dei modelli integrati di assistenza, come quelli ibridi di telemedicina e visite in presenza, che coinvolgeranno decine di specialisti, facendo viaggiare i dati di un paziente, senza farlo muovere dallo studio del suo medico di famiglia o dal divano di casa. L’augurio è che ci si curi sempre più a casa. Le nuove terapie anti-Covid, per esempio, vanno in questa direzione.

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DIABETE

Le insuline ultraveloci eviteranno impennate di zuccheri dopo i pasti

Nell’anno del centenario della scoperta dell’insulina, la ricerca presenta le insuline del futuro. Tra le prossime new entry ci sono le cosiddette insuline ultra-veloci, quelle che riducono rapidamente la glicemia dopo i pasti, evitando le pericolose impennate di zuccheri. Questa eccezionale rapidità d’azione si ottiene attraverso particolari eccipienti che facilitano l’assorbimento dell’insulina dal sottocutaneo, dove viene iniettata.  

Un’altra strategia per mettere le ali all’insulina è rappresentata da vie di somministrazione alternative, come ad esempio quella inalatoria (Insulina Technosphere®), al momento disponibile solo negli Usa. Grande l’attenzione per le cosiddette insuline “orali”, che presentano però una serie di problemi. Il primo è come evitare che l’insulina (una proteina) venga “digerita” a livello dello stomaco, anziché essere assorbita nel sangue. 

Tra le possibili soluzioni, al vaglio della ricerca, la somministrazione di insulina racchiusa in una capsula, simile ad una minuscola tartaruga (“millipost”), che contiene un microago carico di insulina, che la inietta nella mucosa dello stomaco (evitandone la digestione). L’altra possibilità è di “saltare” lo stomaco, facendo arrivare l’insulina direttamente nell’intestino; per questo sono state ideate delle speciali strisce adesive gastro-resistenti, che aderiscono alla mucosa del duodeno, rilasciando insulina (ORMD-0801). 

Sul versante opposto ci sono le insuline ultra-lente; qui l’immediato futuro è rappresentato dall’insulina settimanale, come la Icodec o la BIF (basal insulin Fc). Nessuna delle due è ancora disponibile, ma l’entusiasmo di diabetologi e pazienti è molto alto.  

Le formulazioni ultralente infatti potrebbero ridurre e iniezioni annuali di insulina basale da 365 a 52, migliorando l’aderenza dei pazienti alla terapia e riducendo così il loro rischio di complicanze. Infine, una novità appena approvata per il trattamento delle crisi ipoglicemiche, è il glucagone per spray nasale, che va a sostituire la via iniettiva. Una via di somministrazione facilitata che migliora la sicurezza del paziente.

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ALZHEIMER

Il monoclonale diventa neurone sintetico

Il futuro della terapia dell’Alzheimer è già iniziato quest’anno, con l’approvazione (per ora solo negli Usa), di aducanumab, un anticorpo monoclonale che impedisce l’accumulo delle placche di amiloide nel cervello. Queste placche sono alla base della morte dei neuroni che si produce nel cervello di questi pazienti, portandoli a perdita di memoria e alla demenza. E almeno altri tre anticorpi monoclonali si andranno presto ad aggiungere ad aducanumab. Ma per funzionare, questi farmaci devono essere somministrati nelle primissime fasi della malattia, prima della comparsa dei sintomi. Per questo sono allo studio anche dei nuovi test per la diagnosi precoce. E mentre la ricerca farmacologica procede spedita, al congresso della Società italiana di neurologia dedicata alle demenze è stato appena presentato il primo neurone artificiale su microchip, già testato su modelli animali. Oggi si presenta come un quadratino di 5 millimetri quadrati, ma nel prossimo futuro verrà miniaturizzato fino al diametro di un capello. L’idea è usarlo come by-pass per rimpiazzare i neuroni morti, nell’immensa rete di connessioni neuronali all’interno del cervello. Ancora presto per dire se questi neuroni sintetici ci salveranno dalla demenza. Le prime ricerche suggeriscono che questi neuroni artificiali si comportano come quelli biologici, con i quali dialogano trasmettendo informazioni sotto forma di impulsi elettrici.

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FARMACI DIGITALI

La terapia comportamentale sotto forma di app

Li chiamano “farmaci digitali” (digital therapeutics) e sono dei veri e propri trattamenti che utilizzano il digitale o alcune tecnologie basate su Internet per modificare in senso positivo il comportamento di un paziente. Possono essere utilizzati da soli o in associazione ai farmaci tradizionali e stanno trovando sempre più spesso impiego nel campo delle malattie psichiatriche, ma anche del diabete e dell’obesità.  Nel caso, ad esempio, di una persona con pre-diabete, il medico potrebbe prescrivere una di queste terapie digitali allo scopo di influenzare e correggere il suo stile di vita e la dieta, per evitare la progressione verso una condizione di diabete conclamato. 

Si tratta, insomma, in genere di vere e proprie terapie comportamentali sotto forma di “app” per smartphone, validate da veri e propri trial clinici e utilizzate, ad esempio, per il trattamento di ansia, depressione, dipendenza da sostanza da abuso, insonnia, gestione di acufeni, scompenso cardiaco o emicrania. 

Ma le terapie digitali possono assumere anche la forma di un sensore per un inalatore di farmaci anti-asma, o di un videogioco o ancora di un programma per un visore di realtà virtuale. In Germania, le terapie digitali già prescrivibili e rimborsabili sono più di una decina. E ora anche da noi le cose finalmente si stanno muovendo in questa direzione.

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TUMORI

I vaccini a mRNA aprono la strada a cure regressive

Parlare di vaccini di questi tempi evoca immediatamente il Covid-19, la minaccia planetaria contro la quale si continua a lottare ogni giorno. E la ricerca internazionale, dopo aver messo a punto i vaccini a mRNA, rivelatisi molto efficaci, sta continuando a valutare nuove soluzioni. Al momento sono in corso in tutto il mondo almeno 341 progetti concernenti vaccini anti-Covid. Tra quelli innovativi e le seconde generazioni di quelli già in uso, che hanno come obiettivo non solo di proteggere il singolo individuo dalle forme gravi di Covid-19 e dalle nuove varianti, ma anche di interrompere la catena del contagio. 

Tra i vaccini di prossimo arrivo ci sono quelli cosiddetti “proteici” che, secondo gli esperti, potrebbero vincere lo scetticismo di molti esitanti, perché non contengono materiale genetico (RNA o DNA) e sono dunque concettualmente più simili ai vaccini tradizionali. Il Covid-19 ha insomma portato prepotentemente alla ribalta i vaccini a mRNA: le piattaforme utilizzate per costruire questi vaccini potrebbero presto essere impiegate anche per la produzione di vaccini terapeutici contro il cancro (da non confondere con i vaccini preventivi già in uso, come quelli contro l’epatite B e contro il papilloma virus). Anzi, per la verità, la BioNTech, l’azienda tedesca che è tra i principali gruppi ad aver sviluppato la tecnologia dei vaccini a mRNA, stava studiando questi sistemi proprio per mettere a punto dei vaccini-anti-tumorali, prima che scoppiasse la pandemia. Lo scopo di un vaccino terapeutico è quello di indurre la regressione di un tumore o di distruggere completamente le cellule residue dopo un trattamento, il tutto sfruttando le nostre difese immunitarie, alle quali viene presentato, attraverso il vaccino, un elemento (un antigene) caratteristico del tumore, in grado di scatenare una risposta immunitaria mirata contro le cellule tumorali.  

In diverse parti del mondo sono già allo studio anche vaccini in grado di prevenire la comparsa di diversi tumori destinati a diventare importanti alleati dell’immunoterapia. 
Uno di questi, l’UV1, ha appena ricevuto la designazione di “procedura accelerata” da parte della Food and drug administration americana, per il trattamento del melanoma in fase avanzata, in associazione con i farmaci immunoterapici già in corso.

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